Facebook e il tasto ‘non mi piace’: cos’è in realtà e perché serve saperlo

Come cambia Facebook

Facebook e il suo creatore, Mark Zuckerberg, hanno annunciato il tanto atteso (e richiesto) tasto ‘non mi piace’, o ‘dislike’ com’è stato già ampiamente ribattezzato dalla stampa anglofona. Non è ancora chiaro quando sarà diffuso alla totalità degli utenti di Facebook. Quello che si sa, per adesso, è che gli sviluppatori del social network sono al lavoro per l’implementazione tecnica e grafica del nuovo tasto e che tra non molto dovrebbe partire la fase di test.

Un po’ di chiarezza

Ma si tratta davvero di un tasto ‘non mi piace’, cioè di una funzione che esprime disaccordo? In realtà, no. Piuttosto, pare di capire dalle parole di Zuckerberg, si delinea come un elemento di compassione, un dispiacere per quello che succede di brutto agli altri utenti:

Non vogliamo che Facebook diventi un forum in cui votare un post in modo positivo o negativo. Le persone vogliono esprimere vicinanza e compassione. In fondo non è sempre tutto bello quel che ci capita. Se stai condividendo qualcosa di triste – ad esempio il dramma dei migranti o un lutto in famiglia – gli altri potrebbero essere a disagio con il solo tasto “Mi piace”. Ma devono poterti dire che ti sono vicino.

Perché è importante

Cosa c’entra il tasto non-mi-piace/mi-dispiace con il Social Media Marketing? Apparentemente poco, in realtà molto. Come fa notare giustamente Martino De Mori su Focus, Facebook è innanzitutto “una macchina da soldi pubblicitaria”: sui social network sono investiti ogni anno milioni di euro in marketing, content management, brand awarness e così via.

Cosa accadrebbe, quindi, se decine di milioni di utenti cominciassero a cliccare “non mi piace” ai post di un’azienda controversa come McDonald’s? “Un giudizio negativo così esplicito”, spiega ancora De Mori, “potrebbe compromettere la popolarità di personaggi e marchi. E questi potrebbero decidere di non investire più su Facebook”.

C’è un’altra ragione, più profonda, indagata da Business Insider, che interessa la platea di aziende che investono nel social network: il cambiamento dell’audience rispetto ai primi anni di Facebook. In particolare, chi si connette alla piattaforma di Zuckerberg oggi è meno giovane rispetto a qualche tempo fa. Come già era chiaro con la storia di successo di Gianni Morandi, la popolazione collegata a Facebook invecchia sempre di più: in Italia, +17% degli iscritti over 46 e -21% di iscritti under 30 negli ultimi 5 anni.

Una tendenza individuabile in tutto il pianeta: secondo i dati raccolti da Business Insider, i teenager (i ragazzi tra i 13 e i 19 anni) ormai preferiscono piattaforme come Instagram e Snapchat, mentre quasi il 62% degli iscritti a Facebook ha più di 25 anni, con un incremento significativo tra gli over 65.

In seguito a questo marcato cambiamento anagrafico, Facebook è (o dovrebbe essere) diventato un ambiente di discussione, dove non prevalgono più come una volta i contenuti emozionali, ma è visto invece come strumento per conoscere e commentare le ultime notizie di politica e cronaca.

“Facebook”, riassume Felicity Duncan su BI, “non è più ciò che era dieci anni fa. Gran parte dell’utenza, oggi, non è composta da teenager vulnerabili, ma dagli adulti. E con l’accresciuta tendenza di questi ultimi a condividere notizie, la possibilità di poter esprimere un parere diverso dal semplice “like” sta diventando più pronunciata. […]
Lo sviluppo di un tasto “dislike” può essere letto come una presa di consapevolezza sui cambiamenti in atto nel sito. Facebook è diventato, in parte, un forum nel quale gli adulti discutono argomenti adulti. Una nuova forma espressiva è necessaria per supportare questa realtà in mutazione”.

(Photo Credit: Mark Zuckerberg Facebook profile)

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